La pintura de Trapazzo
Domenica pomeriggio
Nel cielo uno squarcio di azzurro
sospeso. La schiena screziata
da guizzi di sole. Di luce
sul letto sorpresa s’infrange.
Nell’aria una nota oscillante.
Veleggia. Indolente rallenta
la mente in pensiero parziale.
Una ipotesi è la materia
e spazio in cui so fluttuare.
Trattengo ancora l’istante.
Tra poco si accende la sera.
D’un tratto il tramonto
Scioglie un gesto d’arancio i legacci
del mare, d’improvviso incendiando
l’azzurro.
Lo spazio è pausa e deserto
fino a che il tempo si estende
nel senso.
Oltre il declivio, una verde
coperta.
Domenica mattina in città
Ha il passo diverso il primo mattino
d’estate. Senza le scarpe che vanno
correndo di grigio vestite
odora di festa e d’infanzia che ride
sul tram. Serrate serrande che urlano
affari e ‘must have’ strepitosi,
ha ritmi e sapori più lenti la strada
e un'altra genia, solitaria e silente
riprende possesso del tempo.
Lucertole e vecchi assaporano il sole.
Smarrito un turista si guarda d’intorno
e chiude la guida. Soltanto
si espande il suono segreto di un sax
che suona e risuona lo stesso refrain.
L’istante si adagia espanso e interrotto.
Cammino nel sole.
Fermo immagine
Scende libeccio intriso di rena
sulla città di rosso vestita.
Lontano un treno soffia un saluto.
Il tempo fermato, scomposto
dilata l’asfalto e il pensiero
strappato. Il giallo è fuggito
di là della nebbia lasciando
le cose a cercare valenza
di ontos che rotola e scorre.
Una sedia è in essenza una sedia
anche in foto su muro. Una rosa
è pur sempre una rosa se in testa
ne trattengo le fattezze. Nesso
costante è l’idea. Sinapsi formante.
Nient’altro. Alla fermata dell’autobus
un vecchio seduto fuma la pipa
e aspetta forse che scenda la sera.
O forse soltanto il suo tram.
Sehnsucht
È grazia improvvisa nell’aria.
Sottile. Mi sfugge. Sentore
leggero. Di fiori mi pare.
Di buono, di pane, di antico.
Inalo più a fondo. Ora s’apre
nel velo uno squarcio. Un richiamo
dorato. Mi tocca. Mi smuove
nel plesso solare. Un singulto.
Veleggio leggera. Compiuta.
Inalo più a fondo. Bramando
struggente. Lo voglio fermare
sentire vedere più chiaro.
Un soffio di solo un momento.
Elan passeggero. Già andato,
svanito. Già il piede che tocca
l’asfalto. Pesante.
Sul tram delle 10.40
La scorgo ogni mattina assorta
sulle crome. In cerchio divergenti
partiture. Dimentico del mondo
è il gesto del polsino.
Oggi è invece canto nuovo, oggi
è veste chiara e lieve increspatura
sulle labbra. Il tempo che la nota
risuoni sottopelle poi chiude gli occhi
al foglio per scarto di binario.
Si disfano gli anelli, gli spazi
incasellati, già sfuggono le note
dalla mano da quel foglio bianco.
Le lascia andare in volo oltre lo stridio
del tram. Più in là della cerniera
del binario. Sfarfallano in azzurro
sui monti e gli stambecchi.
Più a nord di piccoli tormenti
di minimi pensieri. Raminghe
disadorne vanno sconfinate
fino alla preghiera.
Ed io ne sono parte.
La casa delle parole perdute
C’è il senso del silenzio al centro
della stanza. Come sabbia scorrono
di mano le parole del reale
testimoni di teatro personale
e di entropia.
A volte stillano frazioni di materia
arcipelaghi di sensi, percezioni.
C’è un vuoto che rimane e ride e ride
distratti lo riempiamo con giochi
di bambini. Pennelli nella luce
sghemba della sera
scartano di lato rondini e pensieri
ghirigori in voli e traiettorie verdi.
-Senti oggi ancora il gusto dell’estate
lenta che trascorre sotto pelle?-
(Intanto nei rintocchi vespertini
il campanile si scioglieva nei sapori
nuovi). Dunque è tutto questo.
Tutto vira al seppia e tutto indora
nella terra inconquistata del ricordo.
Age! Un battito di ciglia è sufficiente
a sanare la frattura. Il seme
sarà sempre frutto in divenire
se trattieni l’opificio della mente.
La piazza fuori brulica di voci
e di rumori, la vita ancora scorre
in superficie.
Ai vecchi piangono gli occhi
Ai vecchi piangono gli occhi.
Densi fiumi di mota nei solchi
ricordi innaffiano a grappoli.
Il tempo si ferma
correndo.
Raggiunge un momento
e poi scarta di lato.
La piega del viso si stende
in sorriso, il rantolo roco diventa
vagito e il sangue canta più forte.
La mano soltanto, segnata
riporta all'istante di ombre
di sabbia che scorre in imbuto.
L'assenza.
Gli occhi piangono ai vecchi.
A testa in giù, l’amore
Canta la lingua dei monti la tremula
lucuma e la betulla dei fiumi
la specchia. Questo è luogo
di antichi segreti, di ori e di storia
dove la vita, selvaggia, avvicina alla vita.
Chiedi all’orso che porta gli occhiali
al bimbo che intreccia un cappello
e alle mele sul viso.
Chiedi al carro più in alto nel cielo.
Vedi? Ha cambiato il suo posto.
Chiedi alle api che parlano piano
alle canne del lago, alla terra che brilla
più in alto del vento, al fiume
serpente, ad acri di giallo, al sole
e all’acqua, maestri di sempre.
Questo è il tempo di metter radici
profonde e il mistero si svela
vivendo.
Sono un giardino di rose, lo penso.
Sono un giardino da arare.
Ombre
Quando di notte il bosco
di fiabe s’ammanta e di lupi
la forza dei rami si veste di nastri
e di zucchero lieve. Dormono
di notte i campanelli e le parole
al vento, dorme l’azzurro
di cielo, la scimmia sulla spalla
s’è chetata e scioglie dalla nuca
il nodo. Ritorna a piedi nudi
l’eterna sostanza del tempo
mentre tutto era avvolto di sacro.
Non è nostro questo istante.
Soltanto due ore all’aurora
al domani glassato di suoni
catacresi di ciarle di frappe
quando al ritmo di cetre
vaniloqui. Possediamo nomi
nudi ossuti laddove dalle dita
scorre sinolo di forma e di materia.
Inutile sublime.
Pietra filosofale
Alambicchi, provette, vetri soffiati
rubino e fiamme color zafferano
piegano la mente nel mare
di segni forgianti. Folle il vento
trasforma la parola e le montagne
sbriciola. Un grido rincorre
il silenzio.
Mimeomai
Pare pieno questo vuoto di parole.
Era un giorno in agguato negli spazi
sospeso tra case parole paesi.
-Siamo i mondi che pensiamo- fremeva
e s’avvolgeva il raggio tra giunchi.
Oggi il tuo silenzio e la foglia
a mezz’aria.
-Scusa sono solo me stessa.- Un io
senza tu. In moto perpetuo.
Io sono memoria. Indugiano
sul tavolo le carte da gioco.
Cimeli di nostra imperfezione
e impermanenza.
Un giro di vite trafigge il soffitto.
Perché questo azzurro sospeso
su ramo?
“Un’idea un concetto un’idea”
Muta col verbo il pensiero mutando
forme coerenti, sistemi invariabili.
Il Sole, lo spazio curvato, l’oggetto
che tocco e ciò che materia non è.
Guarda. Su prato becco vorace d’uccello
lotta con verme. Feconda la vita.
Sii lieve farfalla. Sussulta. Se sfiori
un pistillo accade anche il tempo
e invochi la fine. Il gesto
si rivela paradosso
e necessità. Poi della musica sfere.
L’orizzonte degli eventi
Non so se la parola contenga
l’infinito o se è solo un’astrazione
flatus vocis. Se siano segni o senso
gli enti del pensiero
nescio. La mente è meccanismo
angusto un gioco in mano a bimbi.
Eppure afferro della terra il nome
e delle cose, l’ape, il vento lento
le sementi, la notte che passa
che ritorna e il cielo chiaro
increspa come vela
il lago. Inonda la bellezza
nuda e all’infinito germina in re
il pensiero. Sedotti sull’azzurra perla
dentro il nulla immenso, giochiamo
a dimostrare il mondo, perduti
all’orizzonte degli eventi.
A goccia a goccia
La poesia cade nel mondo a goccia a goccia
e tutto irrora.
Puoi trovarla nel giallo dei covoni
settembrini
quando il sole indugia nei sapori
e pigra la mosca si posa
ignara dell’autunno.
Lieve si rivela nelle balze azzurre
di una vestito di chiffon
e negli occhi allo specchio di una bimba
assorta principessa.
Cammina la poesia a passo lento tra i telai
di una fabbrica di frodo
corre tra dita forestiere senza sogni
che orlano i merletti delle gonne
che indossiamo.
Si arresta poi in quei volti
a rime oblique, mandorle smarrite
in distese di campi di riso.
Non senti nell’aria l’odore di pioggia?
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
Lucilla Trapazzo nació en Cassino en 1964. Graduada en Lenguas y Literatura Extranjeras Modernas (La Sapienza, Roma). Realizó estudios de máster en Cine y Video (American University, Washington DC), y ha tenido una formación continua teatral y artística. Trabaja como actriz, intérprete, crítica, directora de teatro y formadora. Sus poemas y sus historias han sido premiados y publicados repetidamente en antologías, revistas literarias y libros de arte. Sus pinturas e instalaciones han sido expuestas en exposiciones internacionales, sus actuaciones presentadas en varios festivales de arte multimedia. Actualmente vive entre Zurich y Nueva York y colabora con asociaciones de arte, música contemporánea y literatura en la organización de eventos, festivales y espectáculos. Ossidiana (Volturnia ed.) es su primer libro de poesía.